6/16/2016

Storia di una malattia




1839.
Il fotografo americano Robert Cornelius realizza il primo autoscatto della storia, fotografandosi mentre osserva pensieroso l'obiettivo.
Non può sospettare nemmeno lontanamente di aver creato quella che diventerà una delle maggori tendenze del nuovo millennio.


2016.
"Ci facciamo un selfie?"
Già, ma da dove proviene e quando nasce questo buffo termine?
Esso deriva dall'inglese self-portrait che significa "autoritratto".
La parola viene utilizzata per la prima volta nel 2002 durante una discussione all'interno del forum australiano ABC ed è presto dimenticata.
Alcuni anni più tardi, intorno al 2006, cominciano a diffondersi le prime piattaforme social, Facebook e MySpace su tutti, le quali implicano una larga condivisione di foto da parte dell'utente.
Compaiono i primi autoscatti e la parola "selfie" torna di moda.
La sua totale consacrazione avviene nel 2010: l'uscita sul mercato dell' IPhone 4, il primo smartphone dotato di una fotocamera anteriore e la comparsa di un neonato social network basato sulla diffusione di foto e video, Instagram, portano i selfie in ogni angolo del mondo e li rendono parte integrante del quotidiano di molte persone.



"Ci facciamo un selfie?"
Quante volte abbiamo sentito dire o detto noi stessi queste parole?
Tante.
Troppe, a mio parere.
Negli ultimi anni il selfie ha assunto una connotazione sempre più autocelebrativa e propagandistica.
Attraverso giochi di luce, angolazioni della fotocamera e l'utilizzo dei magici filtri, tutti possono giocare al "Piccolo Modello", sfoggiando gli abiti più alla moda o l'ultimo prodotto di Chanel e assomigliando sempre di più ad un prodotto fabbricato, incartato e truccato apposta per essere venduto. O veduto.
I social sono diventati un gigantesco calderone di informazioni che l'utente si diverte a spargere, alla maniera del buon seminatore, tra i vari account, con la speranza che qualcuno ne rimanga colpito o provi una sorta di ammirazione per lui.

L'avvento di Snapchat è la ciliegina sulla torta del degrado.
Fondato nel 2011 da due giovani statunitensi, rispecchia quello che fai e come ti senti in un determinato momento, descrivendo uno stato d'animo temporaneo.
Già, temporaneo. Proprio qui risiede l'innovazione: grazie al  sistema di rimozione automatico di foto e video postati, Snapchat diventa il luogo dove condividere ogni singolo momento della giornata, dal buongiorno alle sette del mattino al programma televisivo serale, passando per le onnipresenti foto con il cibo o con la faccia da gatto e l'immancabile selfie mentre si è comodamente seduti sul gabinetto.
Il tutto condito con hashtag più lunghi della coda allo sportello postale.

Selfie, selfie, selfie.
Una foto che diventa un'ossessione.
Ma ne abbiamo veramnte bisogno?
Davanti ad una cioccolata calda con gli amici non è meglio godersi il momento e farsi due risate in compagnia piuttosto che chattare con i nostri amati e preziosi 2K followers?

È   l'era digitale, qualcuno dirà.
Ok, siamo nel pieno della globalizazione e la digitalizzazione è una delle tante conseguenze di essa.
Però tutto ciò che è digitale è una macchina, giusto?
L'uomo è una macchina?
No, l'uomo vive di sentimenti, di passioni, di attimi.
Roba che non si può riprendere con una fotocamera, catturandola in un pixel.
Carpe diem, che panta rei



3 commenti:

  1. Buongiorno Dario Córonel,
    Il suo articolo conciso e molto efficace rispecchia il mio pensiero. Mi viene da porle quindi una domanda: Non crede che questa ossessione dell'immortalare i momenti sia un modo solo per farsi vedere dagli altri, per far vedere chi è più "figo", come direbbero i giovani di oggigiorno?
    Le sarei grato di una risposta. Ancora complimenti per l'articolo.
    Pancrazio

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  2. Buongiorno Pancrazio,
    Innanzitutto mi consenta di ringraziarla per l'apprezzamento e l'interessamento che ha per il nostro blog.
    Il selfie è indubbiamente, come dice lei, molte volte usato per apparire più belli di quello che siamo: ciò spiegherebbe il suo larghissimo utilizzo nelle foto profilo di WhatsApp o Facebook ad esempio.
    Si potrebbe quasi dire che è una foto di come vorremmo essere e non una foto di come siamo in realtà.

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  3. Grazie mille per aver risposto. Ancora complimenti per il vostro lavoro.

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