8/30/2016

Un'etica per la pedofilia



E ancora una volta mi tocca sorbirmi i vostri "Dovremmo fare come Putin: castrazione chimica a questi bastardi!", "Ci vorrebbe la pena di morte!" piuttosto che "Vi picchierei tutti uno ad uno!" e questo mi induce inesorabilmente a pensare, mentre mi avvento sul pulsante "rimuovi amico", per quale arcano motivo scriviate queste frasi senza una conoscenza almeno basilare dell'argomento in questione.

8/19/2016

Una domanda da porci


Qualche giorno fa, prima di scrivere ai soliti nazivegani il tradizionale ''ognuno dovrebbe essere libero di mangiare ciò che vuole'', mi sono chiesto: uccidere animali per ricavarne cibo è un'azione moralmente sostenibile?

8/18/2016

Un mondo dimenticato



Fin dalle elementari ci siamo sentiti dire che leggere è importante perché ci aiuta ad imparare cose nuove, accende nuove idee, ci consente di pensare in maniera differente guardando la realtà da un’altra prospettiva, ci fa uscire dagli schemi e dai modelli prestabiliti della nostra vita. Tutte cose verissime, sia chiaro, ma che se ripetute per anni, magari ad una persona che considera la lettura importante quanto un bagnino ai mondiali di nuoto, può portare ad avere in odio ed evitare accuratamente qualsiasi oggetto cartaceo abbia più di cento pagine e meno di 70 figure.

Sogno e realtà, illusione e ragione


Diventare ricco; trovare un bel lavoro; comprare una bella casa; fare carriera; avere successo; diventare famoso; uscire con la  ragazza strafiga che abita alla porta accanto; vivere di propria arte grazie al nostro talento; girare il mondo; arrivare alla fine della propria vita e poter dire di averla vissuta degnamente; oppure, come diceva David Bowie, diventare eroi anche per un solo giorno.

8/11/2016

Non so di non sapere



Quando si parla della società contemporanea, sovente  si utilizzano epiteti ricorrenti: è una società digitale, online, tecnologica, interconnessa, postmaterialistica, globalizzata.
La maggior parte di essi fa riferimento o si collega all’invenzione che più di tutte, da alcuni anni a questa parte, ha radicalmente ed inesorabilmente rivoluzionato le nostre vite.
Internet.
E con internet è iniziata quella che potrebbe essere definibile come la massima rivoluzione nel campo dell’informazione.
Non più vincolata da legami terreni, l’informazione digitale è in grado di essere registrata, copiata, inviata e letta in un attimo, da qualsiasi persona disponga di una connessione internet, in qualsiasi parte del mondo.


“L’informazione digitale è diversa. […]
Essa segna un cambiamento da tutto ciò che conoscevamo prima, perchè possiede una combinazione unica di proprietà fisiche che non ha nessun’altra forma di informazione.”


Sta cambiando la nostra percezione dell’identità ultima del singolo,riplasmando la società, modificando i nostri comportamenti verso gli altri, facendoci dipendere sempre di più dal mondo online.                                
I dispositivi digitali sono prepotentemente diventati parte integrante della nostra esistenza, indispensabili quanto i nostri occhi e le nostre orecchie.              
L’importanza di internet è aumentata esponenzialmente, ma proprio per via di questo potere, bisogna cercare di capire non solo come l’informazione digitale possa essere usata, ma anche quali cattivi usi se ne possono fare.

“Portiamo la democrazia nel sapere”

“La conoscenza è intrinsecamente antidemocratica. È elitaria. Non è soggetta al volere della maggioranza, meno che mai ai capricci della massa. I fatti non sono meno veri quando impopolari  - e spesso i fatti che la maggioranza si rifiuta di accettare sono proprio quelli più importanti.”

Appena si pronunciano di seguito le parole “disinformazione” ed “Internet”, per qualche strano processo di associazione neuro-uditiva non ancora approvato dalla comunità scientifica, potrebbe comparirvi davanti agli occhi il logo di Wikipedia. Se ciò si verifica, consultate un medico perché soffrite di allucinazioni.
Fatto? Bene, ora che abbiamo tutti la coscienza pulita, potete continuare la lettura. 
Tutti hanno utilizzato nella loro vita, almeno una volta, Wikipedia: secondo la maggior parte delle statistiche è il quinto sito web più visitato al mondo.
A differenza di una normale enciclopedia cartacea, Wikipedia non necessita di nuove edizioni ogni tot anni per aggiornare le proprie voci: essa viene continuamente corretta e rivista da volontari di tutto il mondo.
Ogni singola parola di Wikipedia potrebbe essere cambiata in qualsiasi momento.
Ed è proprio questo che rende questo simpatico sito un vero e proprio paradosso dell’informazione digitale: sebbene sia praticamente impossibile eliminare del tutto una pagina di Wikipedia , non esiste nulla che renda una versione più autorevole dell’altra: chi è davvero esperto di un argomento non è più importante di chi vuole alterare liberamente le informazioni seguendo un secondo fine.
Va da sé che creare una pagina su Wikipedia contenente una bufala diventa un atto straordinariamente semplice.
Al contrario, tutto questo non significa affatto che le pagine della nota enciclopedia online non siano attendibili: lo sono più o meno quanto quelle di un’enciclopedia cartacea, come ha dimostrato uno studio del 2005 che mise a confronto delle notizie provenienti da Wikipedia e quelle dell’Encyclopaedia Britannica scoprendo che quest’ultima se la cavava solo leggermente meglio.
Nonostante la facilità di modifica dei suoi contenuti, Wikipedia riesce comunque a presentare fatti validi ed utili grazie ad un sistema di risoluzione alle cosiddette  “guerre di modifiche”  ed alla presenza di un collegio di conciliazione (mediation committee) e di un collegio arbitrale (arbitration committee), che secondo il sito sono formati da contributori fidati ed esperti.
Ecco perchè è sbagliato estremizzare le opinioni: dire che non è giusto usare Wikipedia perchè fonte di disinformazione è errato quanto considerarla come la massima fonte di sapere esistente.

Il peso di una bugia
Il 24 giugno 2016, indipendentemente da come andrà a finire la vicenda, verrà molto probabilmente ricordato nei libri di storia: è il giorno nel quale è stato reso noto l’esito del referendum consultivo che porterà, molto probabilmente, la Gran Bretagna a separarsi dall’Unione Europea nel 2018.
Lasciando a persone più informate di me il compito di analizzare nel dettaglio le conseguenze che porterà questa decisione, vorrei soffermarmi in particolar modo sul perché tendo a classificare questo evento come conseguenza, almeno in parte, di una disinformazione di massa.
Innanzitutto, è giusto sapere che il Regno Unito ha votato spaccato in due, demograficamente e geograficamente.
Secondo una statistica rilevata dal sito britannico YouGov, l’opzione “remain” era nettamente più popolare nei cittadini sotto i 40 anni, mentre le votazioni pro-brexit, hanno avuto un grande successo nella fascia degli “over 65”. 

Un dato che fa riflettere:  di fatto, la “vecchia” generazione ha fatto una scelta che condizionerà pesantemente il  futuro della giovane, perché di futuro si parla, dato che il progetto dell’uscita dall’UE stima di portare i suoi benefici tra anni, del quale potrebbe non fare già più parte per ovvie ragioni.
Un’altra divisione risiede nel livello di educazione dei cittadini: in media, le persone con un livello educativo più avanzato hanno votato per rimanere nell’Unione.  La città di Londra ha votato per rimanere, così come la Scozia e l’Irlanda del Nord; le parti più rurali del paese per uscire.
Proprio le fasce con un livello di scolarizzazione meno avanzato, come la classe operaia, hanno votato a favore del Brexit, principalmente spinte dal pregiudizio che vedrebbe gli stranieri acquisire sempre maggiori opportunità lavorative a discapito dei cittadini inglesi.
Paradossalmente, gli elettori di estrazione sociale umile saranno proprio coloro che soffriranno maggiormente il distacco dall’Europa, perché ciò comporta inevitabilmente un pesante rallentamento dell’economia interna e di conseguenza una riduzione del numero di posti lavoro. 

Lasciare che sia la maggioranza a decidere non è sempre una buona idea.
Lo sarebbe se si mettesse a disposizione dei votanti una documentazione ufficiale ed attendibile, redatta da persone competenti a sostegno di entrambe le tesi.
La campagna politica è però, come tutti d’altronde sappiamo, ben altra cosa.
La campagna “Leave” ha avuto successo proprio grazie all’utilizzo di mezzi senza scrupoli, volti a convertire l’opinione comune e poco informata che i problemi economici degli inglesi fossero da ricercare nel contesto dell’immigrazione, facendo inoltre passare come un mucchio di stupidaggini il punto di vista di numerosi esperti nel settore.
Uno dei raggiri più persuasivi e diabolici della campagna di Farage è stata, senza ombra di dubbio, la questione dei 350 milioni di sterline.
L’ormai ex leader dell’UKIP (United Kingdom Independence Party) aveva infatti promesso ai cittadini che, se la Gran Bretagna avesse votato per uscire dall’UE, avrebbe impiegato i famosi 350 milioni, che altro non sarebbero se non le spese da elargire all’Unione settimanalmente, nel Servizio sanitario nazionale.
Salvo poi rimangiarsi tutto in diretta nazionale a poche ore dopo l’annuncio dell’esito del referendum, ovviamente.
“Non posso assicurare che quei soldi vengano effettivamente spesi in questo modo. Fare questa promessa è stato un errore.” [Nigel Farage]
Di fatto un argomento economico che ha fatto guadagnare al buon Nigel un sacco di voti, ma che si è rivelato totalmente infondato, anche perché la cifra al netto è molto più bassa (erano  circa 160 i milioni di sterline che la Gran Bretagna versava settimanalmente nelle casse europee).
I “Leave” avrebbero ottenuto ugualmente una (seppur minima) vittoria se la popolazione non fosse stata invogliata da questa allettante, ma falsa, promessa?

Succo di barbabietola per tutti
La lista delle vittime della disinformazione non finisce qui e, purtroppo, non si parla più di vittime solo in senso figurato.
È questo il caso di Thabo Mbeki, ex presidente del sudafrica che, nel corso del suo mandato dal 1999 al 2008 si è caparbiamente schierato contro l’assunzione di farmaci contro l’HIV, come l’AZT.
Diventato un sincero credente delle tesi di Peter Duesberg, biologo bandito dalla comunità scientifica a casa delle sue tesi false ed infondate, il quale sostiene che l’AIDS sia causato dall’uso di droghe o farmaci, Mbeki mise pubblicamente in dubbio che l’HIV provocasse l’AIDS e intraprese una politica volta ad arrestare la vendita, anche le donazioni gratuite, ed il consumo di farmaci contro la malattia, esaltando le proprietà curative di estratti di barbabietola rossa, limone ed aglio.
Uno studio risalente al 2008 da parte del “Journal of Acquired Immune Deficiency Syndromes”  stimò che più di trecentomila persone avessero perso la vita a causa del divieto imposto da Mbeki di assumere farmaci contro l’AIDS.
La cosa più incredibile è che su Google continuino ad esistere siti contenenti letteratura negazionista sull’HIV, ovviamente accessibili a chiunque.



Questi sono solo alcuni esempi di tutte le conseguenze alle quali può portare un’informazione errata.
È strano pensare di come, pur avendo a disposizione la più grande fonte di sapere mai esistita in formato tascabile ed universalmente consultabile, si riesca ugualmente a provocare, volontariamente o meno, grandissimi casini.
Forse la causa di questa disinformazione è da ricercare nella vastità e nell’universalità del Web, in quanto chiunque può svegliarsi al mattino e decidere di aprire un blog dove scrive che la Seconda Guerra Mondiale non è mai stata combattuta, che l’uomo non è mai arrivato sulla Luna oppure che la nostra vita è condizionata da esseri umanoidi - rettiliani che si travestono da persone comuni per non farsi riconoscere e portare il pianeta Terra alla distruzione.
Al giorno d’oggi, chiunque può scrivere le proprie personabilissime opinioni su Internet e troverà sempre altra gente che le leggerà e gli darà retta.   
Tuttavia, proprio perché si ha a disposizione questa enorme cisterna d’informazioni, potenzialmente parlando, dobbiamo imparare a documentarci correttamente, confrontando più fonti ufficiali ed attendibili e non lasciandosi guidare dal primo sito che capita sotto il dito, dal giudizio di amici/parenti guarda caso sempre massimi esperti in materia o dalle bufale su Facebook, orientando le proprie opinioni in merito.
Imparare ad informarsi correttamente è un nostro dovere.
Trovo azzeccatissima la scelta dell' Oxford Dictionaries di insignire del titolo di "parola dell'anno 2016" il termine "post-truth", post-verità. Questo aggettivo è molto usato per descrivere un ambito politico che fa leva sull'aspetto emotivo delle persone, a discapito della loro reale conoscenza della politica, diffondendo fatti al limite della realtà e molte volte di vere e proprie bufale per screditare e danneggiare gli oppositori. Servendosi al tempo stesso della disinformazione della gente, che è molto più propensa a prendere per oro colato ogni sillaba proferita dal politico preferito, ma anche della facile trasmissibilità che un'informazione digitale possiede, possono facilmente orientare l'opinione pubblica come meglio credono.
Ecco perchè post-verità: una verità mascherata, celata dietro le righe di un post su un social network, ma al tempo stesso una voce della quale non si riesce più a distinguere l'appartenenza: è realtà o finzione?

“L’informazione digitale ha un R0 incredibilmente alto, e questo significa che è difficile fermarla, dopo che è comparsa.   Passa di persona in persona - persino tra individui molto lontani tra loro - a una velocità stupefacente, grazie alla sua alta trasmissibilità e all’alta interconnessione della società digitale.    Una volta che prende il largo è quasi impossibile bloccarne la diffusione. È meraviglioso, ma solo se l’informazione è corretta e utile. Se invece è sbagliata, se altera in modo negativo i nostri cervelli, se ci fa commettere degli errori e pensare cose sbagliate, allora è un flagello.   La cattiva informazione è una malattia che colpisce tutti noi - una malattia che è diventata incredibilmente potente grazie alla rivoluzione digitale. E non esiste un vaccino.”  [Charles Seife - Le menzogne del web]


Barbarians




Chi è il più grande tiranno della storia del pianeta Terra?
Le prime scelte di molti di voi potrebbero ricadere su Hitler, Stalin, Napoleone o Guevara. Tutte risposte corrette, certo, ma se vi menzionassi invece nomi più "datati" come Cesare, Augusto, Caligola, il senato o, più in generale, i Romani?

Dialogo


 Questo articolo sotto forma di dialogo è da considerarsi supplemento del precedente articolo Il fondo del lago.

8/07/2016

Perché odiamo la matematica?


Immaginate di prendere parte ad un corso d’arte dove l’unica attività contemplata è dipingere un muro, null’altro, non vi verranno mai mostrati i capolavori dei grandi maestri: un corso del genere senza ombra di dubbio non farebbe di voi degli amanti d’arte. Anzi, probabilmente contribuirebbe a farvela odiare.