Diventare ricco; trovare un bel lavoro; comprare una bella casa; fare carriera; avere successo; diventare famoso; uscire con la ragazza strafiga che abita alla porta accanto; vivere di propria arte grazie al nostro talento; girare il mondo; arrivare alla fine della propria vita e poter dire di averla vissuta degnamente; oppure, come diceva David Bowie, diventare eroi anche per un solo giorno.
"We can be heroes, just for one day"(David Bowie)
Ognuno di noi ha (o almeno ha avuto) un sogno nel cassetto. Come? Voi no? Mi spiace ma non vi credo. Tutti gli esseri umani sognano. Tutti noi abbiamo provato, almeno una volta, a pensare in grande o, quantomeno, a provare ad immaginare come cambierebbe la nostra vita nel caso si esaudisse un nostro desiderio, più o meno realizzabile che sia. Logicamente, esso può variare da persona a persona: c'è chi è abituato a rimanere "con i piedi per terra" e ci mette le rosee speranze di un solido futuro, cercando di fare tutto il necessario affinchè esse diventino realtà. Altri, invece, in quel cassetto nascondono le più surreali ed impossibili ambizioni, senza la speranza di concretizzarle. Sta di fatto che, comunque lo si faccia, sognare è fantastico.
È fantastico perchè ci permette quasi di entrare in un altro mondo, nel quale volere è potere. Nel quale possiamo già pregustare il profumo del nostro successo, e ricavare da esso ancora più determinazione e voglia di portare avanti ciò per cui stiamo lottando.
Purtroppo, come sappiamo, sognare ha anche un prezzo: il prezzo del fallimento.
A volte, fare i conti con realtà è la più difficile delle sfide. Se il fallimento è grande e/o è l'ultimo di una serie, si può perdere fiducia in se stessi e passare un brutto periodo. A volte, la sofferenza porta a perdere la lucidità mentale. Di conseguenza compiamo azioni che, in una migliore condizione psicologica, non faremmo mai. La più classica di questo tipo di reazione è il vittimismo: la sensazione di sentirsi il bersaglio N°1 di tutte le ingiustizie di questo mondo; la convinzione di essere baciati dalla Sfortuna, quella con la esse maiuscola; il timore di essere condannati a soffrire dal destino...
Ma allora fino a che punto è giusto sognare? Non è forse meglio liberare quel dannato cassetto di illusioni inutili e dannose, e cominciare a vivere la vita giorno per giorno?
Questo è un dilemma che poeti e scrittori si pongono da secoli. Uno dei più importanti è indubbiamente il nostro compatriota Ugo Foscolo.
Il poeta originario di Zante inseguiva gli ideali di verità, bellezza e giustizia: gli unici, secondo lui, in grado di dare un senso alla nostra vita. Nonostante il cervello ci dica che sono illusioni, il cuore non si rassegna mai a cercarli.
Con lui naque allora quella che viene definita la religione delle illusioni, che è sfida eroica contro un mondo meccanicistico.
Per questo Ugo Foscolo è considerato uno dei principali letterati pionieri del preromanticismo.
E pensare che Foscolo provava stima e ammirazione nei confronti degli illuministi e nel loro punto di riferimento fisso: la ragione. Grazie ad essa, molti pensatori dell'epoca gettarono le basi per i sistemi politici oggi utilizzati in Europa e buona parte del resto del mondo. Per fare alcuni esempi, vennero ideati i principi della divisione dei poteri, della sovranità popolare e si cominciò a definire i diritti inviolabili dell' essere umano. Eppure, questa stessa ragione può anche portare l'uomo alla sofferenza.
Foscolo aveva un sogno che, all'epoca, era utopia pura: l'Italia unita e indipendente. Al di là delle numerose opere dedicate all'argomento, il poeta partecipò anche a numerose battaglie per il suo paese e i suoi sforzi sembrarono concretizzarsi con l'arrivo in Italia di Napoleone Bonaparte, che unì la penisola a forma di stivale dopo un millennio circa di divisione. Tuttavia, come sappiamo, lo stivale dovette attendere ancora per diventare lo Stato che è oggi, poichè Napoleone, con il trattato di Campoformio, consegnò all'Austria la Lombardia e il Veneto. Dopo la stipulazione di questo patto, il poeta cadde come dalle nuvole, e si rese conto che i tempi per l'unione della sua la sua patria sotto una sola bandiera erano ancora immaturi.
Io ti dedicava questa Oda quando tu, vinte dodici giornate e venticinque combattimenti, espugnate dieci fortezze, rovesciato due antiche repubbliche, e forzato l'imperatore alla tregua, davi pace a’ nemici, costituzione all'Italia, e onnipotenza al popolo francese. Ed ora pur te la dedico non per lusingarti col suono delle tue gesta, ma per mostrarti col paragone la miseria di questa Italia che giustamente aspetta restaurata la libertà da chi primo la fondò. Possa io intuonare di nuovo il canto della vittoria quando tu tornerai a passare le Alpi, a vedere, ed a vincere! Vero è che, più che della tua lontananza, la nostra rovina è colpa degli uomini guasti dall'antico servaggio e dalla nuova licenza. Ma poichè la nostra salute sta nelle mani di un conquistatore; ed è vero pur troppo che il fondatore di una repubblica deve essere un despota, noi e per i tuoi beneficj, o pel tuo Genio che sovrasta tutti gli altri dell’età nostra siamo in dovere di invocarti, e tu in dovere di soccorrerci non solo perchè partecipi del sangue italiano, e la rivoluzione d'Italia è opera tua, ma per fare che i secoli tacciano di quel Trattato che trafficò la mia patria, insospettì le nazioni, e scemò dignità ai tuo nome.
La ragione divenne, dunque, motivo di sconforto per lui. Quasi un sinonimo di sofferenza. Piuttosto che constatare la realtà dei fatti preferiva esser cieco, anzichè soffrire.
Ma noi, nel ventunesimo secolo, cosa possiamo fare per evitare di cadere nello sconforto?
A mio parere, innanzi tutto, occorre fare un'importante osservazione: in questa società tutti pretendono di pensare e ragionare al posto nostro. Ad esempio quante volte in una serie tv, in un film o in un post su qualche social network ci siamo sentiti dire che "ogni nostro sogno è davvero realizzabile", mentre sappiamo tutti che nel mondo reale è utopia? Allo stesso modo, spesso ci capita di discutere con persone che parlano dell'Italia come peggior posto al mondo, in cui i giovani sono in una situazione di merda e impossibilitati a trovare lavoro. D'altra parte è inutile girarci attorno, la crisi ormai da tanti anni è un fardello che pesa non poco al vecchio continente. Il consiglio che mi sento di darvi è "in media stat virtus", ovverosia: la verità sta nel mezzo. Non dimenticatevi mai: siete liberi di sognare un domani migliore, ma restando con i piedi per terra, valutando le reali possibilità e opportunità che avete.
Ma allora fino a che punto è giusto sognare? Non è forse meglio liberare quel dannato cassetto di illusioni inutili e dannose, e cominciare a vivere la vita giorno per giorno?
Questo è un dilemma che poeti e scrittori si pongono da secoli. Uno dei più importanti è indubbiamente il nostro compatriota Ugo Foscolo.
Il poeta originario di Zante inseguiva gli ideali di verità, bellezza e giustizia: gli unici, secondo lui, in grado di dare un senso alla nostra vita. Nonostante il cervello ci dica che sono illusioni, il cuore non si rassegna mai a cercarli.
Con lui naque allora quella che viene definita la religione delle illusioni, che è sfida eroica contro un mondo meccanicistico.
Illusioni! Ma non è forse tutto illusione? tutto! Beati gli antichi che si credevano degni dei baci delle immortali dee del cielo; che facevano sacrifici alla Bellezza e alle Grazie; che diffondevano la splendida luce degli dei sulle imperfezioni umane, e che trovavano il bello e il vero inseguendo i sogni della loro fantasia. Illusioni! Ma intanto, senza di esse, io sentirei, nella vita, solo dolore o (il che mi spaventa ancora di più) nella fredda e noiosa assenza di ogni sentimento: e se questo cuore non vorrà più provare sentimenti, io me lo strapperò dal petto con le mie mani, e lo caccerò come un servo infedele.
Per questo Ugo Foscolo è considerato uno dei principali letterati pionieri del preromanticismo.
E pensare che Foscolo provava stima e ammirazione nei confronti degli illuministi e nel loro punto di riferimento fisso: la ragione. Grazie ad essa, molti pensatori dell'epoca gettarono le basi per i sistemi politici oggi utilizzati in Europa e buona parte del resto del mondo. Per fare alcuni esempi, vennero ideati i principi della divisione dei poteri, della sovranità popolare e si cominciò a definire i diritti inviolabili dell' essere umano. Eppure, questa stessa ragione può anche portare l'uomo alla sofferenza.
Foscolo aveva un sogno che, all'epoca, era utopia pura: l'Italia unita e indipendente. Al di là delle numerose opere dedicate all'argomento, il poeta partecipò anche a numerose battaglie per il suo paese e i suoi sforzi sembrarono concretizzarsi con l'arrivo in Italia di Napoleone Bonaparte, che unì la penisola a forma di stivale dopo un millennio circa di divisione. Tuttavia, come sappiamo, lo stivale dovette attendere ancora per diventare lo Stato che è oggi, poichè Napoleone, con il trattato di Campoformio, consegnò all'Austria la Lombardia e il Veneto. Dopo la stipulazione di questo patto, il poeta cadde come dalle nuvole, e si rese conto che i tempi per l'unione della sua la sua patria sotto una sola bandiera erano ancora immaturi.
Io ti dedicava questa Oda quando tu, vinte dodici giornate e venticinque combattimenti, espugnate dieci fortezze, rovesciato due antiche repubbliche, e forzato l'imperatore alla tregua, davi pace a’ nemici, costituzione all'Italia, e onnipotenza al popolo francese. Ed ora pur te la dedico non per lusingarti col suono delle tue gesta, ma per mostrarti col paragone la miseria di questa Italia che giustamente aspetta restaurata la libertà da chi primo la fondò. Possa io intuonare di nuovo il canto della vittoria quando tu tornerai a passare le Alpi, a vedere, ed a vincere! Vero è che, più che della tua lontananza, la nostra rovina è colpa degli uomini guasti dall'antico servaggio e dalla nuova licenza. Ma poichè la nostra salute sta nelle mani di un conquistatore; ed è vero pur troppo che il fondatore di una repubblica deve essere un despota, noi e per i tuoi beneficj, o pel tuo Genio che sovrasta tutti gli altri dell’età nostra siamo in dovere di invocarti, e tu in dovere di soccorrerci non solo perchè partecipi del sangue italiano, e la rivoluzione d'Italia è opera tua, ma per fare che i secoli tacciano di quel Trattato che trafficò la mia patria, insospettì le nazioni, e scemò dignità ai tuo nome.
La ragione divenne, dunque, motivo di sconforto per lui. Quasi un sinonimo di sofferenza. Piuttosto che constatare la realtà dei fatti preferiva esser cieco, anzichè soffrire.
Ma noi, nel ventunesimo secolo, cosa possiamo fare per evitare di cadere nello sconforto?
A mio parere, innanzi tutto, occorre fare un'importante osservazione: in questa società tutti pretendono di pensare e ragionare al posto nostro. Ad esempio quante volte in una serie tv, in un film o in un post su qualche social network ci siamo sentiti dire che "ogni nostro sogno è davvero realizzabile", mentre sappiamo tutti che nel mondo reale è utopia? Allo stesso modo, spesso ci capita di discutere con persone che parlano dell'Italia come peggior posto al mondo, in cui i giovani sono in una situazione di merda e impossibilitati a trovare lavoro. D'altra parte è inutile girarci attorno, la crisi ormai da tanti anni è un fardello che pesa non poco al vecchio continente. Il consiglio che mi sento di darvi è "in media stat virtus", ovverosia: la verità sta nel mezzo. Non dimenticatevi mai: siete liberi di sognare un domani migliore, ma restando con i piedi per terra, valutando le reali possibilità e opportunità che avete.
"A un uomo, se gli togli i suoi sogni, cosa resta? "
Mondo Marcio
Provate a dividere un grande obiettivo in varie azioni minori. Costruite il vostro futuro un passo alla volta. Tenete sempre pronto un "piano B", che vi dia la possibilità di non trovarvi impreparati nel peggiore dei casi. Non abitutatevi a sperare troppo in grandi colpi di fortuna, come vincere al super enalotto o una schedina da centinaia di migliaia di euro. Le strade per il successo molto corte sono accessibili solo a pochi fortunati.
"Chi vive di speranza muore deluso" Two Fingerz
Non permettete a nessuno di pensare al posto vostro. Ascoltate tante opinioni, ma ragionate su di esse e valutate la credibilità della loro fonte.
E, soprattutto, se un giorno un vostro progetto fallisse, prendetevi il giusto di tempo per riflettere e sfogarvi. Dalla disperazione potrete uscirne più forti e carichi di esperienza. Toccare il fondo può essere il modo migliore per darsi la spinta giusta per risalire.
Come diceva Talete, la speranza è il solo bene che è comune a tutti gli uomini, e anche coloro che non hanno più nulla la possiedono ancora.
Articolo molto bello e ricco di spunti. Concordo pienamente nel vedere il fallimento non solo come disperazione o oblio, bensì come opportunità di riflessione e di crescita, che permette di rialzarsi con più forza.
RispondiElimina"Non importa quanto cadi, ma quanto ti rialzi"