Scartiamo subito i piaceri primari come il mangiare, il dissetarsi o quelli sessuali narrati dal Vate nell'omonimo romanzo; ricerchiamo un tipo diverso di piacere: quello nel surclassare gli altri. Ammettiamolo, ci piace vincere, vogliamo vincere, va benissimo il buonista "l'importante è partecipare/divertirsi", ma chi vogliamo ingannare? Cos'è il piacere di partecipare rispetto a quello nel vincere? All'essere superiori al proprio avversario, nel fargli riconoscere che noi valiamo, che esistiamo e siamo addirittura migliori di lui è concentrato uno dei piaceri più sublimi che possiamo assaporare.
È chiaro dove gli sport si collochino in questo discorso: lo sport è il perfetto mezzo per dimostrare la propria superiorità. È innegabile. Ci troviamo davanti a una competizione con tutto quello di cui abbiamo bisogno: delle regole precise, i contendenti alla vittoria e soprattutto, solo le nostre forze e il nostro allenamento come armi.
Ma, cos'è considerato sport al giorno d'oggi? Esistono svariate definizioni per questo termine, ma invece di cercarne una e analizzarla nei minimi termini è molto più utile ricercarne una direttamente tra i diretti interessati all'attività che stiamo analizzando. Bene, la parola sport è spesso, per non dire sempre, associata a "sudore, muscoli, duro allenamento e fatica". Per questo attività a tutti termini sportive come gli scacchi, non sono considerate allo stesso livello degli sport convenzionali come, per portare un esempio, il calcio, la pallavolo, il lancio del martello etc. etc.
Qual'è la sostanziale differenza tra gli scacchi e il lancio del giavellotto? Bene, possiamo dire con certezza che il lancio del giavellotto sia alla portata di molte più persone rispetto al gioco della scacchiera. Perché? La risposta ce la può dare Darwin con la sua teoria della selezione naturale: solo gli esemplari adatti sopravvivono. Ora, applicare questa teoria alla società contemporanea mi pare eccessivamente stupido, ma immaginiamo di tornare indietro di qualche anno, circa a quando nessuna delle civiltà che conosciamo come tali avesse ancora visto la luce. In uno scenario preistorico del genere la legge delle selezione naturale è perfettamente applicabile: solo chi era, mediante la sua forza fisica, capace di scagliare quel giavellotto nel ventre di qualche bestia era abilitato a mangiare, mentre non ci è giunta alcuna notizia di cavernicoli scacchisti.
In breve, all'origine dell'attuale concetto/misconcetto di sport vi sono valori bruti che l'umanità dovrebbe essersi lasciata indietro con il progredire delle conoscenze scientifiche in campi come la medicina. Questi valori barbarici sono insiti dentro ognuno di noi, o almeno nella maggioranza di noi, ed è per questo che discipline sportive che li valorizzano sono così popolari: correre, colpire qualcosa sono azioni di utilità prettamente primitiva. Vincere non è quindi altro che dimostrare di avere degli istinti bruti superiori al proprio avversario; è un dimostrare che in un eventuale stato primitivo noi saremo sopravvissuti, mentre il nostro rivale no, o quantomeno con più difficoltà. Ma questa brutalità preistorica, questi valori di pura sopravvivenza personale e, oserei dire, egoistica non si rispecchiano meglio negli sport individuali? Quindi perché gli sport più seguiti e praticati sono quelli di squadra?
Torniamo al concetto di piacere che abbiamo dato qualche riga fa. Il piacere che otteniamo dallo sport è, come ho detto prima, un piacere nel vincere? Modifichiamo questa definizione in base a ciò che abbiamo chiarito sopra: il piacere che ci dà lo sport è dimostrare che in noi i valori primitivi sono più forti. L'uomo sembra avere una necessità di liberare i propri istinti primitivi e dimostrare di possederne in migliore qualità e/o quantità rispetto ad altri e il mezzo per farlo è vincere. Sembra strano, ma gli sport di squadra sono molto più completi sotto questo punto di vista: in caso la nostra squadra vinca; bene, siamo stati superiori alla squadra avversaria, abbiamo raggiunto il nostro obiettivo. Ma in caso la nostra squadra perda quel che dobbiamo fare per liberare i nostri istinti preistorici è semplicemente andare a cercare un altro modo per essere superiori: semplicemente disgregando il concetto di squadra come individuo unico e portando la nostra attenzione sui singoli elementi di questa. "Abbiamo perso perché lui non ha parato quel rigore", "Abbiamo perso perché non ha preso quella palla", "Abbiamo perso perché quel difensore non è all'altezza". Davvero difficilmente l'uomo si concentra su di sé e ammette i propri errori direttamente, almeno non prima di aver scaricato su qualcos'altro i propri barbari istinti. E no, non si tratta dell'effetto Dunning-Kruger: soprattutto a livelli alti il singolo elemento della squadra è capace di praticare un'autocritica e così migliorarsi; è semplicemente il liberarsi dal peso dei valori preistorici la vera essenza di quello che noi chiamiamo sport.
Oscar Wilde ci offre in una frase il concetto principale di questo articolo:
"Il rugby è una buona occasione per tenere lontani trenta energumeni dal centro della città."Non soffermatevi al significato dispregiativo che superficialmente potreste attribuire a questa frase. L'interpretazione che merita non è affatto che "chi gioca a rugby sia un energumeno", ma che quei valori energumeni che il rugby, insieme al calcio, insieme a tutti gli altri sport, ci permettono di scaricare devono essere lasciati fuori dal centro della città: luogo dove avvengono le più importanti azioni della vita sociale e politica umana. Non è certo il caso di privarsi di quel piacere, anzi, è necessario se in voi quei valori sono forti. Lo stesso Wilde disse:
"Nemmeno per un attimo mi pento di esser vissuto per il piacere."
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