L'infanzia di tutti noi è sicuramente stata accompagnata dalle fiabe dei fratelli Grimm, di Italo Calvino o di Gianni Rodari, da Pinocchio di Carlo Collodi, Peter Pan di Matthew Barrie e chissà quanti altri racconti. Ma uno in particolare, mi riferisco qui alle Avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie, è nettamente meno popolare tra i bambini seppur considerato un racconto indirizzato a questi proprio come i sopra citati. Cerchiamo di capire il perché.
Esistono libri e libri, e ovviamente vinen da sé che debbano esistere anche diversi modi di leggerli, questi libri. Di certo Il Nome della Rosa, come la Critica della Ragion Pura non sono libri che si prestano ad una lettura in metropolitana, dove l'arrivo alla fermata segna l'inesorabile fine della lettura; altro tipo di letteratura, ciò che nel linguaggio comune definiamo come "libri da spiaggia", si presta invece bene a questo scenario. La domanda sorge spontanea: come dovrei leggere le Avventure di Alice nel paese delle meraviglie? La risposta è sorprendente: in entrambi i modi! Il racconto è infatti strutturato di maniera tale che ogni interruzione della lettura non sia che un nuovo inizio; seriamente, prendete quell'edizione polverosa del libro di Carroll che avete in casa ed apritela a caso, e da lì cominciate a leggere, fino alla fine, o fin dove volete, senza curarvi di trovare un senso alle parole che leggete, fatelo per il puro piacere di occupare la vostra mente con qualcosa di nuovo, mai provato prima. Infatti i capitoli dell'opera sono quasi racconti a se, autoconclusivi che non arricchiscono la trama che c'è e al contempo non c'è. Oppure leggetelo con calma, dall'inizio, ragionate su ciò che l'autore ha voluto trasmetterci e potreste rimanere incredibilmente sconcertati.
Entrami i metodi di leggere il libro sono presentati nel libro stesso: nell'ultimo capitolo il Re pronuncia la seguente frase rivolgendosi al Coniglio Bianco:
"Comincia dal principio e va' avanti fino a che non arrivi alla fine: a quel punto fermati"
Possiamo facilmente capire che il metodo suggerito dal Re altro non è se non la "lettura da spiaggia" che abbiamo descritto poco tempo fa una volta appurato che ogni pagina può essere tanto inizio quanto fine. D'altro canto la Duchessa ci offre un'altra strada per leggere il libro:
"Ma che dici, piccola! In ogni cosa c'è una morale, basta saperla trovare"
Ed è proprio stata questa frase a invogliare centinaia di saggisti da analizzare i dodici capitoli della magna opera di Carroll alla ricerca di un significato, ed il risultato è stato sorprendente: sono stati trovati miliardi di significati e morali diverse per la stessa scena o per lo stesso personaggio. Ricordo di aver letto una volta una speculazione di incredibile complessità sul rapporto tra Alice e il Gatto del Cheshire culminante nella dichiarazione del gatto come alter-ego della stessa Alice, o addirittura come allucinazione della ragazzina. Io stesso mi sono cimentato con la lettura "impegnata" dell'opera, trovando ai vari capitoli spesso più di un significato.
Ad esempio la vicenda della Duchessa e quello della sua cuoca personale. In questa sezione del libro viene descritto come la cuoca, seppur la sua posizione nella scala sociale sia nettamente inferiore a quella della Duchessa (o almeno, così è per noi come per Alice), tormenti la Duchessa cercando di colpirla con il lancio di pentole e padelle mentre questa, incurante di schivare o di essere colpita, continua indisturbata a cullare il suo bambino. Una delle possibili interpretazioni di questa scena che sono riuscito a trovare è la seguente: la Duchessa rappresenta la ricca classe politica che cura i propri interessi (il bambino cullato) senza curarsi del popolo, rappresentato dalla cuoca. Ma ovviamente ne esistono molte altre, incredibilmente più complesse ma altrettanto valide e coerenti.
Visibili solo ad occhi più esperti, e soprattutto solo in lingua originale, molti dei fantastici giochi di parole, riferimenti alla vita di Carroll e all'età Vittoriana nonché a molto altro, chissà quanto altro. A puro titolo d'esempio nell'ultimo capitolo di Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò (il seguito delle Avventure di Alice nel paese delle meraviglie) è presente una acrostico che letto dall'alto in basso concentrandosi sulla prima lettera di ogni verso forma le parole "Alice Pleasance Liddell", ossia l'amica-bambina preferita da Lewis Carroll che ha ispirato entrambi i romanzi. Oppure, durante l'incontro con il Cappellaio Matto, il Ghiro e la Lepre Marzolina il Ghiro racconta la storia di tre sorelle che vivono all'interno di un pozzo di melassa; anagrammando i nomi originali delle tre sorelle si trova quello di Alice e delle sue due sorelle maggiori con cui Lewis era solito trascorrere il suo tempo. Oppure, durante un dialogo tra Alice e la Duchessa quest'ultima pronuncia la frase "Proprio così, e la morale è... Oh, è l'amore, è l'amore che fa girare il mondo" che questo sia un riferimento al dantesco "L'amor che move il sole e l'altre stelle"?
Non possiamo sapere quale interpretazione sia quella corretta, forse nessuna, Lewis Carroll è riuscito a creare un'opera che è quanto di più affine all'infinito quanto nessun'altra opera letteraria sia mai riuscita ad essere. È riuscito non solo a dare un senso e una logica a ciò che ci sembra un grandissimo non-senso, ma a permettere ai suoi lettori di conoscere quella logica e quelle regole a noi assurde insieme ad Alice; di scoprire inseme a lei le infinite regole, le infinite morali e gli infiniti significati di quel paese delle meraviglie così strano a primo impatto. Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie è e non è un libro per bambini, è e non è un'opera non-sense, ed è come non è da matti pensarlo; non è forse vero che:
"Qui siamo tutti matti.
Io sono matto.
Tu sei matto."
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