7/12/2016

Il fondo del lago


Dovete sapere che esiste un villaggio, lontano da ogni centro abitato, che sorge su di un lago così profondo che nessun uomo è mai riuscito a vederne il fondo. Gli strani abitanti di quello strano paesello, quando si trovano in balia della frustrazione, si recano al fantomatico lago e vi scagliano dentro una pietra con quanta più forza quanto più la frustrazione è grande credendo che con lo scomparire del sasso nel lago scompaiano anche i loro problemi.
Per caso un giorno un esploratore giunse in questo magico luogo e, osservando quegli ometti nel loro rituale di liberazione dai problemi così si espresse: "Folli! Davvero pensano di risolvere i loro problemi in questo stupido modo?". Inutile dire che la frase dell'esploratore è tanto vera quanto il fatto che nessun problema venne mai risolto lanciando sassi nel lago.
 Queste poche righe di testo, per quanto insignificanti possano sembrare, nascondono invece un significato molto profondo, più profondo anche di quel lago. Leggendo la storia fino alla fine non possiamo che identificarci con l'esploratore che, alla vista del rituale del lancio delle pietre, pronuncia le parole che probabilmente noi stessi abbiamo pensato. Fin da piccoli ci viene insegnato a rispettare anche le culture esterne alle nostre che ci sembrano assurde; infatti nessuno di noi, proprio come l'esploratore fece, si sognerebbe di aggredire il popolo del villaggio a causa dello loro strana usanza.
Inutile dire che la frase dell'esploratore è tanto vera quanto il fatto che nessun problema venne mai risolto lanciando sassi nel lago.
La frase finale del racconto unita all'insegnamento del "non condannare qualcosa a te estraneo" rappresenta perfettamente il nostro modo di comportarci se davvero entrassimo in quel villaggio. Probabilmente penseremo tutti alla stravaganza e alla futilità del rito del lancio della pietra, ma terremo ben nascosto questo nostro pensiero per non essere classificati come insensibili o irrispettosi nei confronti di una cultura estranea alla nostra. 

Modifichiamo leggermente la storiella ora: mettiamo caso che il lago si trovi distante dal villaggio. Poniamo la distanza essere una decina di chilometri, la strada percorribile solo a piedi e passante per un bosco pieno di feroci animali di ogni tipo e, dulcis in fundo, la pietra, per essere idonea al rito possedere un peso maggiore ai cinque chilogrammi. È facile capire che questo rito seppur avente gli stessi fini del precedente è decisamente più pericoloso per chi lo pratica, in questo caso un intero villaggio. Una situazione del genere sicuramente porterebbe alla luce l'esistenza di questo rito e dei suoi pericoli, finalmente se ne parlerebbe apertamente senza problemi, cosa che prima non era possibile per via della tendenza a non condannare qualcosa a noi esterno. Questa tendenza è quindi superata se le culture a noi esterne possono causare danni alle persone che le praticano: diventa ora della massima importanza illuminare gli abitanti del villaggio su ciò che stanno facendo. Questo è accaduto nel caso di molte manifestazioni pericolose come ad esempio la Festa di san Firmino a Pamplona, in Spagna; chi partecipa a questa corsa folle inseguito da tori inferociti è a piena conoscenza dei rischi che, perdonatemi il gioco di parole, corre.

Ma, se come nella storia originale, le persone non corrono nessun rischio fisico nel lancio di sassi nel lago, che è situato esattamente dove questi abitano, tutti i rischi sembrano svaniti e il rito è approvato. E invece, se si scava un po' più a fondo in quel lago, si troverà che esso cela un altro pericolo. E infatti:
nessun problema venne mai risolto lanciando sassi nel lago.
 Per quanto innocente possa sembrare scagliare pietre nel lago, per quanto effetto benefico questo atto possa esercitare sull'animo e la psiche, il rito rimane fondamentalmente sbagliato: il fine di questo è infatti solamente illudere gli abitanti del villaggio che i loro problemi siano stati risolti, ma quando questi si allontaneranno dal lago ecco che i loro problemi torneranno a galla come se nulla fosse. E di fatto nulla è stato: il rito è dannoso agli abitanti del villaggio perché li allontana dai loro problemi, che rimasti irrisolti a causa del rito stesso si abbatteranno sugli stessi abitanti con più furia.

Ovviamente noi non siamo così stupidi da praticare il pericoloso rito del lancio delle pietre nel lago: non siamo abitanti di quel villaggio, vero? No. Lo siamo più di quanto possiamo credere, per capirlo ci occorrerà solamente paragonare ogni elemento del racconto con qualcosa che ci riguarda direttamente. 

Noi siamo gli abitanti
I loro problemi sono i nostri problemi
Il lago è dio, in ogni sua possibile forma
Il lancio delle pietre è l'atto di accettazione di un dogma religioso, qualsiasi esso sia

Prima di continuare permettetemi di aggiungere qua una breve annotazione sul perché la parola dio è stata scritta senza maiuscola iniziale: dio, come di fatto abbiamo detto del lago, è un problema; esso allontana i credenti dalla realtà delle cose e dal ragionamento logico. Per questi motivi, e per molti altri che non intendo scrivere, in questa pagina la parola dio sarà privata della sua maiuscola.

Messa in chiaro l'analogia che c'è tra il rito del lago e il concetto di dio, e successivamente di religione è necessario trarre la seguente osservazione: dio altro non è se non un lago dove lanciare le nostre pietre, uno strumento da utilizzare come cura alle nostre frustrazioni più profonde che hanno accompagnato l'umanità nei secoli oltre che ai singoli problemi. Da dove veniamo? Qual è il senso della vita? La morte è davvero la fine della nostra esistenza? Tramite il dogmatico concetto di dio possiamo rispondere a queste domande, ma a che prezzo?

Pur di curare la frustrazione del non poter rispondere a queste ed altre domande l'uomo si è abbassato al livello degli abitanti del nostro villaggio postulando l'esistenza di dio, che in parole semplici altro non è che scagliare il sasso nel lago. Non siamo mai riusciti a dimostrare con argomenti validi l'esistenza di dio o a dare una risposta a queste domande che sia accettabile universalmente: non possiamo ancora sapere, e forse non lo sapremo mai, perché siamo su questo mondo o quale sia il senso della vita e questo è frustrante, ne sono consapevole. Ma appunto per questo il concetto di dio è pericoloso e al tempo stesso attraente: perché ci salva dall'enorme frustrazione delle domande esistenziali offrendoci una soluzione dogmatica che è possibile accettare solo rinunciando all'uso del nostro intelletto personale.
"Non occorre altro che la libertà; e precisamente la più inoffensiva di tutte le libertà, quella cioè di fare pubblico uso della propria ragione in tutti i campi. Ma sento gridare da ogni parte: non ragionate!"
[I. Kant - Risposta alla domanda: che cos'è l'illuminismo?]
Bertrand Russell nei suoi saggi sulla religione concluse, proprio come abbiamo fatto noi ora, che l'adesione alla religione non è dettata da argomenti validi ma da fattori emotivi, specialmente la paura (che si estende dalla frustrazione delle domande esistenziali alla vita oltre la morte) da cui solo il libero uso dell'intelletto ha la capacita di emancipare l'uomo. I credenti, proprio come i partecipanti alla Festa di san Firmino hanno fatto con i loro rischi, devono rendersi conto che, per citare ancora una volta Russell: "è indesiderabile credere vera una proposizione quando non c'è alcun fondamento per supporre che sia realmente vera". I dogmi religiosi, come le pietre nel lago, sono quindi utili non tanto per rispondere alle domande esistenziali, ma quanto per aiutare chi ne ha bisogno (i religiosi) a curare la frustrazione che queste producono con verità dette tali, non essendo capace il credente di rimediare da sé tramite il proprio intelletto. Come nessuno toglierebbe mai a uno zoppo la sua gamba di legno, non dobbiamo togliere al religioso la sua dottrina; ma solo mostrargli ciò che realmente è: una gamba di legno per intelletti storpi o, per chiamare in causa Marx, "oppio dei popoli".
"Dio è morto! Dio resta morto! E noi l'abbiamo ucciso! Come potremmo sentirci a posto, noi assassini di tutti gli assassini? Nulla esisteva di più sacro e grande in tutto il mondo, ed ora è sanguinante sotto le nostre ginocchia: chi ci ripulirà dal sangue? Che acqua useremo per lavarci? Che festività di perdono, che sacro gioco dovremo inventarci? Non è forse la grandezza di questa morte troppo grande per noi? Non dovremmo forse diventare divinità semplicemente per esserne degni?"
[F. Nietzsche - La Gaia Scienza]

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