Cosa lo rende superiore ad un animale?
Cosa ha reso possibile il suo millenario percorso evolutivo?
L'intelligenza, verrebbe da pensare.
In parte è grazie ad essa se l'uomo è riuscito a compiere imprese straordinarie, ma l'intelligenza ha un difetto: dipende da un altro fattore.
Possiamo immaginare la mente di un uomo come un semplice sistema di matrioske o, se non siete comunisti, di scatole poste una dentro l'altra. All'interno della scatola-mente sono presenti la coscienza e l'istinto. L'istinto è una scatola più piccola (e quindi meno sviluppata nell'uomo) e comprende le azioni inconsce e involontarie. Più grande è la coscienza; dentro di essa sono racchiuse la ragione (intesa come la capacità di operare delle scelte, di distinguere il bene dal male relativo, di generare dei sensi di colpa) e la memoria, la quale comprende a sua volta lo scompartimento del ricordo (ovvero la materializzazione di un'evento o di un'esperienza vissuta nel passato) e il ragionamento (che è la visualizzazione di un determinato ricordo ai fini dell'azione).
L'intelligenza umana è strettamente legata all'ambito mnemonico, il quale è ciò che veramente ci contraddistingue dagli animali: questi presentano a loro volta una memoria, ma molto meno sviluppata e profonda, perchè la loro psiche si basa maggiormente sull'istinto naturale, in virtù del quale compiono la maggior parte delle azioni e si sentono in qualche modo "guidati".
Sono però i ricordi a rendere l'essere umano in qualche modo superiore ad un cane: tutte le persone possiedono una quantità abnorme di ricordi: essi possono essere perfettamente tripartiti in positivi, negativi e amorfi.
-ricordi positivi: sono legati a sensazioni, esperienze, vissuto che genera o ha generato appagamento, gioia, benessere, euforia;
-ricordi negativi: sono stati generati da esperienze negative per l'individuo, generano una sensazione di disgusto, rabbia, repulsione, paura, angoscia;
-ricordi amorfi: sono quelli la cui materializzazione a livello psichico non comporta partcolari manifestazioni emotive nell'individuo. Possono anche essere chiamati ricordi semplici (esempio: io mi ricordo che la mia macchina è nera).
Stando a quanto detto finora, sarebbe impossibile anche solo immaginare una vita senza memoria e ricordi: concepire un'esistenza priva di qualsiasi ricordo significa esporla ad una precarietà assoluta, perchè una delle condizioni principali della sopravvivenza è l'apprendimento attraverso l'esperienza, vale a dire la possibilità di memorizzare le esperienze fatte per poterle ripetere se sono vantaggiose ed evitare se dannose.
"Se essa [la memoria] li conserva, ciò avviene perché questi diversi stati del mondo esterno danno luogo a dei fatti di coscienza che si compenetrano, si organizzano insensibilmente insieme e, per l’effetto di questa stessa solidarietà, legano il passato al presente.
Chi esamini la vita psichica [...], si accorgerà subito che il tempo ne è la stoffa stessa. Non c'è, del resto, stoffa più resistente o sostanziale. Infatti, la nostra durata non è il susseguirsi di un istante a un altro istante: in tal modo esisterebbe solo il presente, il passato non si perpetuerebbe nel presente e non ci sarebbe evoluzione nè duratura concreta. La durata è l'incessante progredire del passato che intacca l'avvenire e che, progredendo, si accresce. E poichè si accresce continuamente, il passato si conserva indefinitamente"
[Henri Bergson- L'evoluzione Creatrice]
Lo straordinario dono dell'uomo è proprio questa sua capacità di richiamare un numero infinito di avvenimenti ed esperienze dall'oblio della dimenticanza e metterli in moto per creare cose meravigliose.
O terribili.
La memoria infatti può essere tanto utile quanto dannosa: essa porta con sè un carico di dolore, al punto che si potrebbe dire che il senso stesso dell'esperienza è legato non tanto agli eventi positivi, quanto agli eventi negativi, che ci cambiano e che restano come "segni" o "tracce" nella nostra coscienza. La sensazione che si prova richiamando un ricordo infelice è molto più acuta ed intensa rispetto a quella provata al ripensamento di uno felice: anche a distanza di anni, si può essere ancora pervasi dallo stesso dolore, dalla stessa angoscia provata la prima volta; con il passare del tempo, la sensazione di un momento felice va affievolendosi fin quasi a scomparire.
Da questo punto di vista, il ricordo può risultare un impedimento all'esplicazione della vita, come accade nel caso di un trauma che si vorrebbe dimenticare e che invece continua a gravare (a livello conscio o inconscio) sulle nostre scelte. Il "peso" della memoria può essere un'ombra che rende la vita meno luminosa e felice, un freno per la pienezza dell'esistenza.
Il ricordo del passato è quindi per l'uomo fonte di infelicità, ma non solo: un ricordo, a seconda della sua interpretazione, può anche essere la causa che spinge a commettere crimini, violenze, stragi.
Emblematico è in questo caso l'esempio presentato dalla serie "Black Mirrors" nell' episodio "Ricordi pericolosi", facilmente reperibile anche da YouTube. Durante il cortometraggio, ci viene presentato un mondo dove le persone vivono con un microchip installato in un occhio che permette di registrare ogni singolo attimo della vita del possessore per poi, attraverso un telecomando, riesumarlo e riguardarlo in tutte le sue sfaccettature.
Quello che a prima vista potrebbe sembrare una geniale invenzione, si rivela un diabolico strumento atto a stimolare la paranoia e l'ossessione nel singolo che culmina con l'atto titanico del protagonista che si strappa con le sue mani il chip, simbolo questo di una volontà di oblio che gli era stata negata.
Questa liberazione dal ricordo è ciò che Nietzsche chiama "oblio attivo", una forma consapevole di dimenticanza, una facoltà positiva che inibisce le forze negative e aiuta l'organismo a preservare la propria integrità. Senza questa capacità di oblio, "nessuna felicità, nessuna serenità, nessuna fierezza, nessun presente potrebbero esistere". Nietzsche aveva guardato la serie di "Black Mirrors"? Può darsi, può darsi.
La nostra vita di uomini è intessuta di memoria: senza di essa saremmo costretti a reimparare sempre le stesse cose, senza alcuna possibilità di progresso, cioè senza possibilità di accumulare il sapere. Si tratta di un evento noto nel campo delle neuroscienze fin dal caso di Henry Molaison, un uomo che in seguito ad un'operazione al cervello perse la capacità di memorizzare nuovi eventi e che per questo non fu più capace di apprendere il significato di paole nuove, nè di riconoscere una persona incontrata poco prima, nè di un cibo già mangiato: di qualunque esperienza si trattasse, ogni volta era per lui come la prima.
Una tale condizione può anche apparirci felice, perchè sembra ripristinare in ogni momento uno stato di innocenza, privo di ombre. Nessuno però potrà mai dire se sia veramente così, dal momento che si tratta di un'esperienza a noi uomini sconosciuta e che possiamo solo ipotizzare.
Ci si può tuttavia ancora chiedere se sia possibile almeno una cancellazione selettiva della memoria, dove si andrebbero ad eliminare i ricordi negativi per costruire così una mente senza ombre o turbamenti, ma quali potrebbero essere le conseguenze di una simile "pillola della memoria"? Essa potrebbe essere usata anche per cancellare eventi che non si vogliono far ricordare, come violenze inferte, aprendo così la strada alla manipolazione dei ricordi. Che ne sarebbe, in tal caso, della possibilità di testimoniare un reato, un delitto, per non dire di una tortura o di una strage?
Dietro il problema del rapporto tra memoria e vita, che coinvolge quello della felicità ed infelicità, si nasconde l'eterno problema etico-giurdico della manipolazione della storia.
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