2/02/2017

Charlie Hebdo: diritto di satira o infimi in cerca di attenzioni?

Tutti sono a conoscenza del terribile avvenimento che ha recentemente colpito il paese di Farindola, delle dinamiche, del numero dei morti e dei dispersi. Se dopo questa frase state pensando che parlerò di questo, rimarrete delusi: non intendo trattare questo specifico argomento, non perché non lo ritenga importante, ma semplicemente perché non potrei comunicare nulla che non sia già stato detto o scritto. L’incidente mi serve solamente per introdurre ciò di cui voglio in realtà parlare.



Non tutti, ma qualcuno tuttavia, saranno informati anche sulla vignetta che il giornale francese Charlie Hebdo ha prodotto e che riguarda appunto il disastro dell'Hotel Rigopiano. Tale stampa, la quale è stata sommersa di polemiche da ogni dove, raffigura la Morte che scende un pendio innevato: in alto a sinistra si può leggere la scritta in francese “La neve è arrivata”, mentre in basso a destra compare un fumetto contenente le parole della Morte tessa che dice “Non ce ne sarà per tutti!” una sorta di slogan che ricorda molto da vicino quelli usati per promuovere gli sconti sui beni materiali.

 La vignetta di Charlie Hebdo

Come già detto, il giornale in seguito a ciò è stata subissato di insulti e sdegno, non solo dagli italiani. Ma è davvero giusto insultare? È giusto sdegnarsi e storcere il naso di fronte ad una vignetta satirica di questo genere? O forse è tutto riconducibile sotto l’ala inviolabile della libertà d’espressione?

Tutta questa faccenda potrà ricordare quella legata al terremoto di Amatrice: anche in seguito a quell’evento il giornale francese aveva prodotto una vignetta che aveva scatenato feroci critiche tanto da dover essere “spiegata” con una seconda postata successivamente dai transalpini. Ecco, QUELLA vignetta, per quanto disturbante e di cattivo gusto potesse essere, rientrava nei canoni della satira, anche se il concetto a cui si voleva far riflettere (ossia la precarietà e la pericolosità delle costruzioni italiane a causa dell’azione mafiosa) poteva essere espresso con più tatto e meno crudeltà, perché è vero che la satira è stata creata apposta come critica verso società e tutto il resto, però il suo fine ultimo dovrebbe essere quello di indurre la gente ad una riflessione, non ad un’indignazione per i toni troppo cinici e non necessari. E se a questo punto qualcuno di voi starà pensando "Charlie Hebdo non ne può nulla se la gente è stupida e non capisce il significato delle sue vignette"  sarò costretto a doverlo smentire: Daumier, uno dei più grandi artisti satirici nonché primo "vignettista satirico" della storia, era solito sostenere la semplicità e l'immediatezza del messaggio satirico, in quanto doveva giungere con facilità al popolo e suscitare la riflessione dello stesso. I potenti, i quali erano spesso le vittime delle vignette di Daumier, non avevano bisogno di spiegazioni: si potevano già ampiamente ritrovare nei disegni dell'artista.



 Gargantua/Filippo I di Daumier


Per quanto riguarda QUESTA vignetta, il discorso è ben diverso: non c'è nessuna denuncia, nessuno spunto di riflessione, nessun significato nascosto che potrebbe ricondurla nell'insieme delle stampe satiriche.
È soltanto, fino a prova contraria, un disegno di pessimo gusto pubblicato da un giornale che sembra aver finito gli argomenti e pur di far parlare di sé cerca di arrangiarsi nel modo più becero possibile.
Di nuovo, sono costretto a smentire coloro che pensano di poter ricondurre tutto ciò non alla satira, ma all'umorismo nero, il tanto acclamato black humor: la vignetta in questione non è nemmeno questo.
Ci sono tre gradi, se così si può chiamarli, di "comicità  di confine", al limite tra sacro e profano:

1. La satira
La satira è il primo e più alto grado, si occupa principalmente di argomenti politici o etico-religiosi, ma non è limitata a questi due. Attraverso il riso del lettore il suo obiettivo resta quello comunicativo e di denuncia di pregiudizi, ipocrisie, comportamenti riprovevoli o più semplicemente cerca di esprimere qualcosa che va contro il pensiero comune.
Ecco come l'ha definita la Corte di Cassazione:
 "È quella manifestazione di pensiero talora di altissimo livello che nei tempi si è addossata il compito di castigare ridendo mores, ovvero di indicare alla pubblica opinione aspetti criticabili o esecrabili di persone, al fine di ottenere, mediante il riso suscitato, un esito finale di carattere etico, correttivo cioè verso il bene."

2. Il Black Humor
Il black humor è il grado intermedio nonché il più diffuso e apprezzato: internet è infatti pieno di meme o barzellette riconducibili a questo genere. Ciò che differenzia il black humor dalla satira è lo scopo: attraverso l'umorismo nero si vuole fare  una semplice battuta su qualcosa o qualcuno, che può toccare anche argomenti moralmente definiti "pesanti", ma pur sempre una battuta che come tale deve essere presa e come tutte può far ridere o meno. È importante capire che l'obiettivo del black humor è lo scherzo, non l'offesa.

3. L'umorismo osceno
Eccoci giunti al terzo grado, il più basso e pressoché privo di ogni vincolo morale o etico.
L'umorismo osceno racchiude tutta quella serie di "battute" create con il puro scopo di offendere anche pesantemente qualcuno. Più che "battute" andrebbero definite con il termine "oscenità" perché, detto molto semplicemente, non fanno ridere, risultano eccessivamente e immotivatamente crudeli e servono solo come strumento di indignazione o insulto.

Ecco, a questo giro Charlie Hebdo ha pensato bene di spararla grossa, di uscire dal suo posto di giornale satirico, di produrre una battutaccia da bar che non appartiene all'ambito della satira nè tantomeno a quello giornalistico.  Qui il diritto di satira e tutte quelle belle cose ad esso connesse non c'entrano nulla: questa non è satira. Non esiste nessuna legge che tutela il "diritto di oscenità".
Verrebbe quasi da pensare che il giornaletto si sia trovato a corto di soldi e, per rimpinguare un po' le sue casse, abbia pensato bene di ordire quella che è, una delle tante goliardiche trovate dei suoi geniali disegnatori.
Verrebbe da pensare, perchè probabilmente non è così, ci mancherebbe.





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